sabato 30 gennaio 2016

Gli Sfracanati

Udite,udite!! E’  nato un nuovo gruppo di “gaudenti” !! Traendo ispirazione dalla natura del loro più profondo e malcelato intento si chiameranno “Gli Sfracanati”, al secolo Maurizio Romano, Francesco Gorgoglione, Giuseppe Nazzaro, Massimo Galantini, Carlo Basetti e il sottoscritto.  Il loro grido di battaglia, per accendere la  tenzone eno-gastronomica, è stato stabilito: “AHIEAH,CHI S’ L’ABBUSCH S’ADDICREIA”. Per innaffiare l’atto fondativo, svoltosi nella calda alcova del wine-bar Cairoli l’altra sera, la scelta è caduta su di una quaterna enoica. Per cominciare,bollicine:Monsupello Brut 2008,metodo classico da uve pinot nero dell’oltrepò pavese. Il fine perlage,la freschezza e la sapidità dello spumante  hanno ben interloquito con un paio di spianate alla mortadella. Poi,il “Brolo Campofiorin” Oro 2009 di Masi. Una sorta di Amarone in minore dall’afrore spiccatamente ciliegioso ,ha preparato adeguatamente l’avvento del pezzo forte della serata:l’Amarone “Costasera” 2008,anch’esso di Masi. In simile campione la giacitura notoriamente soleggiata del vigneto ,fino ai raggi del sole morente,si è riversata nel bicchiere:frutti rossi in confettura,rosa appassita,spezie,prodigio alcolico perfettamente integrato in una tessitura possente,dall’esito organolettico lunghissimo. E se col “Brolo” si era al cospetto di un “NECTAR ANGELORUM HOMINIBUS”,con il “Costasera” si è passati  ad un “NECTAR DEORUM HOMINIBUS”. Sontuosa è stata anche la sponda gastronomica: bistecche scozzesi  morbide e saporose e un plateau di formaggi a pasta morbida,tra cui spiccava il “Blu” del Monviso. Con il dolce,chiusa da “re”  con il vino dei “re” : Tokaji,3 puttonyos sufficienti per sognare.

Rosario Tiso


giovedì 28 gennaio 2016

Bevitori d’Alta quota

La passione per il vino ha segnato la mia esistenza. Sento spesso dire di me:”Considera il vino la cosa più importante della sua vita!”. Non saprei. Certo è che sto in perenne movimento,in un sempiterno viaggio enoico. Agli albori (parecchio remoti) della mia consapevolezza,muovevo i primi passi alla cieca. Tutto era da apprendere,provare,sperimentare. C’era ancora tutto da sbagliare. Ricordo con stupore di aver attraversato anch’io la fase dell’acquisto di una bottiglia solo perché aveva una bella etichetta! A ripensarci non mi pare possibile ma è accaduto! Poi,giocoforza,ho iniziato a perfezionare l’arte di orientarmi nel ginepraio delle denominazioni,dei vitigni,delle tecniche di vinificazione. Al punto che ho visto sorgere in me, lentamente ma inesorabilmente, la prima esigenza di bevitore adulto:approfondire con degli amici il rito della degustazione con vini sempre più performanti. Era giunto il tempo del “settarismo” enologico. Nacque così la “Setta dei bevitori estinti” ,tre bevitori (Antonio Lioce,Giorgio Gaetani e il sottoscritto) uniti dalla comune ammirazione per i  grandi bevitori-scrittori del passato:Mario Soldati,Luigi Veronelli ,Gianni Brera. Eroico quel tempo. Nella calda alcova del wine-bar Cairoli di Foggia si giocava a misurarsi con grandi bottiglie e ricche libagioni. Ma nulla dura in eterno e i bisogni si evolvono. Giunse l’epoca del “randagismo”  enologico. L’intuizione scaturì dai sontuosi aperitivi meridiani del Sabato consumati nella consueta cornice del wine-bar. L’aggregazione spontanea di assidui degustatori generò il movimento dei “Bevitori randagi”. Non tutti però sanno o possono esserlo. Ci si può incontrare per caso,voler bere assieme,ma portarsi  dentro una sorta di stanzialità congenita,come il proprio guscio per una lumaca,una sorta di fissità intellettuale paralizzante e paralizzatrice. Scaduto il tempo dell’innamoramento per qualsivoglia istanza,il vero bevitore assurge ad ulteriori raggiungimenti enoici e spirituali. Un percorso ancora più arduo e singolare m’attendeva:l’avventura dei “Bevitori d’Alta quota”. Gli ultimi  nati  dalla mia irrequietezza poetica e dal mio estro quasi letterario promettono di farne tanta di strada. Il bevitore randagio è come un passeggero di un autobus guidato dal fato dove ad ogni fermata sale il primo che capita. Il “Bevitore d’Alta quota” è lui stesso l’autista di quell’autobus e ad ogni fermata fa salire solo autentici sodali,compagni di cordata,appassionati della sua risma. Nel segno di una ricerca enoica sempre più qualitativa,più spinta,più universale. Nel frattempo il versante squisitamente culturale del mio percorso umano ed esistenziale  si è arricchito di un corso da Sommelier con felice conseguimento finale dell’attestato di  terzo livello. E’  poi  successo che ho imboccato il sentiero “Slow wine” . E ancora che sono inciampato nei nettari celestiali della scuderia “Les Caves de Pyrene”. Tante strade che conducono all’unica grande “casa” dei veri amanti del vino. Non so quanto durerà questa fase così complessa,articolata ed entusiasmante. Forse tutta la vita. So solo che il frutto della vite  è stato ed è il protagonista assoluto di queste peregrinazioni fisiche ed intellettuali. E se prima bastavano qualche amico e il solito locale,adesso è il mondo lo scenario in cui ci muoviamo,io e tutti i “Bevitori d’Alta quota”  con i quali incrocerò il bicchiere.

Rosario Tiso


mercoledì 27 gennaio 2016

Il Simposio dei Gaudenti

Quando mi sono accostato per la prima volta con passione all'universo-vino,nutrivo la segreta ambizione di bere tutti i più grandi "nettari" della terra,sì da poter dire un giorno di non aver altro da scoprire,di possedere ogni nozione e ogni esperienza,una sorta di condizione di totale comprensione.
Ormai so,a distanza di anni, incanutito nel viso e nelle intenzioni, che devo accontentarmi della speranza di aver bevuto qualche buona bottiglia e nulla più,tale è la vastità dell'offerta,la profondità delle annate,la messe di eccellenze vinicole aggiunte all'esistente che rendono il mondo del vino una realtà in continua espansione,con profili organolettici cangianti,di dimensioni pressoché infinite.
Ma nel piacere profondo,ineffabile della degustazione,quando si sfiorano per un attimo tutte le corde del piacere e lo spirito si dilata ed entra in una specie di "trance", manca poco per rasentare la felicità.
E quella infinità che si è fallita in lunghezza e quantità la si centra, per un attimo, in larghezza e qualità.
Io che ho sempre creduto l'ingenuità appannaggio degli ignoranti e la malizia ostacolo insormontabile per qualsiasi moto d'innocenza, ho iniziato a sospettare che la reale comprensione delle cose non fosse direttamente proporzionale al sapere e che l'aver bevuto tanto mi conducesse ad una sorta di nuovo inizio,dove si è creduli davanti a qualsiasi fantasmagorìa vinicola,quasi come un perfetto neofita,salvo poi saggiarla criticamente nel tempo.
Son caduto sotto l'irresistibile malìa di tante mode e vini che mi hanno sinceramente emozionato adesso stento a ricordarli.
Credo in definitiva che l'amore per un vino sia fatto di cose in parte inspiegabili,oscure.
A volte i vini sanno smuovere dei ricordi e ciò è sufficiente ad agganciare le nostre emozioni,perché se spazialmente siamo corporeità e sensi,sentimentalmente abitiamo il dominio della memoria.
Quel che sicuramente giova a coloro che si ritengono viandanti "enoici" è il fitto e consueto fraseggio degli appassionati.
Da mille strade,da sentieri diversi,da storie lontane,come raggi che si asserpano all'unico "sole" del condiviso amore per il vino,ci siamo ritrovati in sparuto lotto di aspiranti sommelier a cominciare una frequentazione più intima e proficua.
Il corso AIS è stato il luogo principe d'incontro e il primo e più vero movente d'aggregazione. Ma senza quelle affinità elettive che oscuramente attraggono animi apparentemente anche così diversi,non sarebbe scoccata nessuna scintilla relazionale.
Ci siamo ritrovati così,quasi magicamente,in sei attorno ad una tavola imbandita al wine-bar Cairoli di Foggia: Filomena Zerrilli detta "Filo", Tiziana Leone detta "Tizy", Giovanni Lombardi lo "skipper", Lino Bua "il Bua", Antonio Lioce detto "Liox", Rosario Tiso detto "Ros".
Quel che ci accomuna è una spiccata propensione alla curiosità,uno sguardo aperto sul mondo,una sete inestinguibile di conoscenza e di piacere.
Ancora una volta il vino è il collante e il fine e detta i ritmi e gli umori della relazione. Ad un sontuoso "primo" di "Paccheri" con alici "millesimate" cantabriche e pomodorini osiamo accostare in abbinamento un "sauvignon" della Loira,un Pouilly-Fumè di rara leggiadrìa.
L'appellativo "fumè" se lo merita tutto questo "nettare" del Domaine des Berthiers 2008 del proprietaire-recoltant Jean-Claude Dagueneau.
Da una famiglia dall'impareggiabile "pedigree",una versione di "sauvignon" golosa eppure fresca,complessa e nel contempo fragrante. Sullo sfondo organolettico un velo di idrocarburi ammanta lievi note speziate.
Poi,con imberbe sfrontatezza,si è passati a tutt'altra musica:un etereo Nambrot 2000 della Tenuta di Ghizzano.
Rosso potente a dominante merlot,il vino ha richiesto pietanze di analoga importanza volumetrica e succulenza e la partita si è giocata con carni "chianine", "angus" argentino e perfino del cinghiale.
Il tannino ancora graffiante del grande supertuscan ha trovato equilibrismi gustativi efficaci.
Finire col Muffato della Sala 2006 di Antinori e del cioccolato di Claudio Corallo,per quanto il testo AIS suggerisca un distillato a fronteggiare l'amaritudine del cacao,ha il sapore di un'autentica apoteosi conclusiva.
Guardando gli occhi felici degli astanti,ascoltando il loro allegro cinquettìo in un profluvio di parole,ho avuto la forte impressione di essere al centro di un "Simposio" di gaudenti.
Perché non sentirsi "carbonari" in un mondo in cui la regola sembra essere l'omologazione? Nasce così l'idea e l'esigenza di darci un nome,un motivo di distinzione.
Uscire dal "randagismo" enologico.
Sono fioccate le ipotesi. Chiamarsi "Sommelier per sempre","Sommelier per caso","Nati Sommelier","Finti Sommelier","I Sommelier di grano duro", "Six for A.I.S." son state le proposte. Ma forse "Il Simposio dei Gaudenti" ,nell’alveo più generale dei bevitori “randagi”,potrebbe bastare.

Rosario Tiso







martedì 26 gennaio 2016

Gli Amici di Casa Marino

Antonio Marino è un valente cuoco che definire dilettante sarebbe riduttivo. In realtà la sua passione per la cucina si traduce nell’arte di stare ai fornelli senza mai rinunciare all’eccellenza nell’utilizzo delle  materie prime e all’intento creativo nelle preparazioni culinarie. Come ogni artista o sedicente tale vive la condivisione di quanto elaborato come momento fondante ed  obiettivo finale di tutta la sua opera. Da qui,data la natura del suo afflato poetico,a condensare attorno a sé un consesso di gastronauti il passo è stato breve. Nasceva  un paio d’anni orsono, “naturaliter” il gruppo degli “Amici di Casa Marino”.Sin dall’inizio si è formato uno zoccolo duro di fedelissimi frequentatori dell’affascinante ed esotica abitazione del nostro “artista”,a diverso titolo partecipanti all’allestimento di cene sempre più ricercate e sontuose:Rosario Tiso - in veste di esperto vinicolo e addetto allo smaltimento rifiuti(nell’accezione letterale del termine:colui che è deputato a buttare l’immondizia  nel cassonetto più vicino,giù in strada!),Roberto Pontone - quale poliedrica controfigura di “vip”(sosia di Gigi D’Alessio,Tom Hanks,Filippo Nigro,Eugenio Corini and so on!) ed apportatore di dolcezza(a lui affidata la gestione, quasi in monopolio, del dessert),Enzo Di Leo - nelle funzioni di “aiutante cuoco” ed esperto “schiuditore” di “mitili”,Fabio Guzzo - il laureato-ingegnere-capo  del gruppo e consigliere  vinicolo in seconda,Antonio Lioce - aspirante sommelier ed inconsapevole  biblista(specie  nella pratica del libro di ispirazione davidica delle Lamentazioni…) - di scarsa utilità logistica  ma dalla grande carica umana ed esistenziale.
La risultante di tale accozzaglia di variegata umanità è stata la costruzione progressiva di una sorta di “simposio” platonico,dove il momento della degustazione solo in apparenza riveste un’importanza capitale. L’aspetto goliardico è altrettanto importante e nelle dinamiche dei nostri incontri,quale immancabile corollario delle vicende sensoriali,si è sempre assistito al dipanarsi di ampie disquisizioni filosofiche e facezie,in un succedersi vorticoso di piacevolezze fisiche ed intellettuali.
L’occasionale presenza di avvenenti bellezze muliebri(Mariarosaria e Valentina, le figlie di Antonio Marino)di tanto in tanto arrichisce di calda umanità e colora di vivace intelligenza la scena.
L’alcol,vettore per eccellenza di ogni vagheggiamento,depositario misterioso di un’arcana sapienza,anima e struttura di impareggiabili teorie di nettari divini in bottiglia prima desiderati ed inseguiti…poi bevuti,ha reso il viaggio intrapreso nel dominio del gusto un’avventura dai contorni sfumati del sogno.
Il dolce torpore dell’appagamento,il fresco bacio della notte,il silenzio stellato che ha compreso( “cum prehendere” ovvero prendere con sé…)l’assiduo chiacchiericcio dei nostri saluti sono i connotati consueti che caratterizzano l’epilogo  delle nostre serate.
“Gli amici di Casa Marino” sono sempre più gravidi di vita,sempre più avidi di futuro,sempre più inclini alla speranza. Il loro motto:”Alla prossima!”; il loro brindisi preferito:”Andò v’c…trov p’c” ossia “Ovunque e comunque vada,troverai la pace”.

Rosario Tiso





lunedì 25 gennaio 2016

I Bevitori Randagi


Sorto da una costola della "Setta dei bevitori estinti", ecco venire alla luce un nuovo movimento, incentrato sull'amore per il vino, dove confluiscono le più disparate esigenze gustative.
Meno ingessati degli adepti di una setta e più poliedrici degli affiliati di un gruppo organizzato, fanno dell'appartenenza uno "status"  che può risolversi anche in una sparuta apparizione, in un’estemporanea presenza. Il mondo li chiamerà: “I Bevitori Randagi”. Per randagismo enologico si intende quell'attitudine creativa, mediterranea, edonistica a levare il bicchiere ad ogni occasione, prendendo le mosse da qualsiasi pretesto, aggregandosi e disaggregandosi secondo l'estro del momento, carenti scientemente di progettualità, senza un centro, una figura guida, una meta. Unica affinità: la comune, banale, consueta inclinazione a percorrere i crinali del sogno e del vagheggiamento enoico, sospinti da venti eterei spiranti da innumerevoli bottiglie, reali o immaginarie.

Una più buona dell'altra. Al palato e nei desideri. Da braccare e possedere con i compagni di cordata dell'attimo che fugge.

L'idea di dare un nome a questa informe ed affascinante creatura collettiva mi è venuta in uno dei ritagli temporali consacrati all'aperitivo nei Sabati e Domeniche mattina, ormai leggendari, del Wine-bar Cairoli di Foggia. All’ora del richiamo meridiano, quando il portoncino si schiude alla luce del giorno dopo il meritato ed esiguo riposo notturno, frotte di fedelissimi sciamano alla volta del locale. Dal banco di mescita, nient'altro che il breve piano in legno e muratura dove a sera si allineano geometricamente conti e ordinazioni, Lino Ficelo officia il rito dell'accoglienza, da vero oste benigno, autentico sacerdote dell'oblio, gravido di consigli, pronto a suscitare ed insufflare nell'attonito avventore anche la più leziosa voluttà sensoriale, nello stile senza tempo di una genuina cortesia e in un contesto squisitamente amicale.

Anime, le più disparate, si asserpano al caldo ricovero al suono dei dodici rintocchi seminato dal campanile del duomo cittadino. Non occorre conoscersi. Un rapido saluto e si depone ogni maschera sociale in favore di un fragrante contatto umano , di una frusciante sensualità, alla luce spesso rifratta da esuberanti bollicine. Non sono in tanti a possedere l’autentico spirito dei “Bevitori Randagi” . In questo pomeriggio di sole, di ispirazione e di ricordi la memoria me ne suggerisce alcuni. Quelli per cui conta il fraseggio interiore che serpeggia fra gli astanti, tenuto sempre vivo dallo scambio di sensazioni col bevitore più importante, il bevitore in quell’istante più prossimo, randagio in quanto intento  nel vagabondaggio ondivago di chi ricerca l’assoluto. E se qualche ginocchio si piegherà e finirà simbolicamente nella polvere, sarà un estremo ossequio alla divinità bacchica che ci sovrasta, dispensatrice di raffinate piacevolezze e di dolci torpori, di stordimenti e di illuminazioni, in un esaltante gioco dei sensi perduti e ritrovati. In questa dimensione non esiste il tempo. Il passato, il presente e il futuro, in misura paritaria, concorrono a sostanziare idee ed esperienze. E noi “Bevitori Randagi” lo siamo sempre stati, perché l’esserlo, più che una condizione sociale e giuridica, è un moto dell’anima.

Rosario Tiso

La Setta dei bevitori estinti


Quale viaggio mi attende, fra lande sconosciute d'Enotria, che ogni profumo, colore, sapore di ogni singolo nettare alla beva potrà  evocare?
Costruirò attorno ad ogni bottiglia di vino un evento, per poterle degustare al meglio. Coinvolgerò anche i miei compagni di cordata, gli amici appassionati  con cui condivido tutte le esperienze d'assaggio che costituiscono una novità, così da custodire un resoconto più corale delle sensazioni provate.
Ma soprattutto, mi preme puntualizzarlo ,è l'incontro fra anime della stessa natura che ha il potere di scatenare  certe dinamiche  che sono  all'origine delle parole e dei fatti intercorsi fra noi.
L'amicizia fra bevitori  scaturisce spontanea, senza sforzo, solo per contiguità.
Io, viandante enologico ancora in cammino, combattuto fra le sirene della modernità dei vini-frutto, imponenti e costruiti, e il fascino della classicità nella sua apollìnea perfezione e ardua comprensione, accolto con benignità in ambiti professionali al cospetto di soggetti più consapevoli, ho avuto negli ultimi anni l'ispirazione di  catalizzare e canalizzare l'ansia di aggregazione dei più esigenti  tra gli amici degustatori  di Foggia.
Per loro, sfibrati da lotte intestine per contendersi all'arma bianca le poche, arcinote e costosissime bottiglie presenti sulla piazza foggiana, ho suscitato la  formazione di diversi gruppi di "degustatori".
In principio fu la "Setta dei bevitori estinti", sodalizio che mi ha visto impegnato, con Antonio Lioce e Giorgio Gaetani , nel tentativo di accedere al "gotha" dell'enologia mondiale facendo leva sull'elementarissimo principio dell'unione che fa la forza.
L'idea del nome la mutuai dal suggerimento di un amico e dal film "L'attimo fuggente".

( Chi di voi ricorda "L'attimo fuggente" di Peter Weir?
E'  uno splendido film nel quale il protagonista, il valente e carismatico professor Keating, trasmette ai suoi studenti  l'amore per la letteratura, spronandoli a valicare i limiti asfissianti imposti dall'insegnamento tradizionale e inducendoli ad esplorare lo sterminato mondo della poesia universale con passione ed un nascente e sempre più personale senso critico.
Infiammati, come solo i giovani sanno esserlo, i suoi allievi decidono di riunirsi di notte per declamare versi di poeti misconosciuti o censurati, scegliendo, a fungere da covo, una grotta nel bosco: nasceva così la "Setta dei poeti estinti").
A distanza di molti anni quelle atmosfere son rimaste impresse nella memoria. Alle prese con l'esigenza di dare un appellativo ad un piccolo consesso di gaudenti - Rosario Tiso, Antonio Lioce, Giorgio Gaetani - il ricordo di quel nome è sbocciato provvidenziale :è bastato sostituire alla parola "poeti" quella di "bevitori", quali ci onoriamo di essere, e... voilà….

"La setta dei bevitori estinti" ha visto la luce!
Non ci sono grotte, ma il wine-bar "Cairoli" di Foggia  ad ospitarci.
Non ci sono poeti estinti,  ma grandi bevitori "estinti" che hanno fatto la storia della critica enologica del nostro paese e hanno salvato a più riprese l'universo "vino"  dall'oblio e dall'imbarbarimento: Mario Soldati, Gianni Brera, Luigi Veronelli. Al loro verbo, al loro stile, alla loro filosofia di vita attingiamo a piene mani.
E' nata così una splendida avventura degustativa che, pur temporalmente terminata, non ha mai smesso di incidere sulle nostre personali esperienze di degustatori.

Degli studenti di un college americano si riunivano di notte in una grotta nel bosco a leggere poeti "estinti" che non trovavano spazio nella cultura
accademica(  Wittman , Donne, Marvell ). Siccome il vino è anche "cultura", ho pensato di emularli, scegliendo quello strano nome, per omaggiare quei grandi bevitori del passato a cui noi tutti dobbiamo qualcosa.
Veronelli è stato, sic et simpliciter, il salvatore di tanta parte del patrimonio eno-gastronomico del nostro bel paese.
Basti pensare, a titolo di esempio, al salvataggio del Picolit, celeberrimo vino da meditazione(neologismo anch'esso di derivazione veronelliana!).A ROCCA BERNARDA, in Friuli, si producevano solo poche bottiglie di questo prezioso nettare, pesantemente falcidiato in vigna dal fenomeno dell'aborto floreale. Fu Veronelli, che ne intuì l'eccezionalità, a convincere la nobildonna della "ROCCA" a perseverare nell'imbottigliamento delle poche decine di litri di quel liquido quintessenziale.
Mario Soldati invece è l'inventore del viaggio eno-gastronomico. Dalle splendide terrazze liguri di Tellaro, ha pontificato per anni in tutti i campi dello scibile, culinario e non, formando intere generazioni di giornalisti gourmet.
Infine Gianni Brera, sulla carta cronista sportivo.
E' stato Lui a salvare la vigna della Santissima Annunciata da cui Bellavista trae oggi il celeberrimo, omonimo chardonnay e a sostenere chicche enologiche adesso universalmente riconosciute. Lottò perchè non si abbandonasse la sua coltivazione in quanto amava il vino che se ne produceva in maniera viscerale. Come amava il Barbacarlo di Maga Lino, a suo dire il vino più imperfetto, tipico, buono dell'Oltrepò  pavese. Erano vini come il Barbacarlo a suggerirgli l'immagine di qualità connessa alla capacità di mondare lingua e palato, così di moda nella critica enologica odierna.
Non c'era buono e gustoso che, a mò di segugio, Lui non snidasse. Autentico paladino della bellezza.
A loro idealmente, noi della "setta", ci ispiravamo.
A quegli spiriti così illuminati.
Cercando di seguirne le orme.
Facendo della passione un surrogato della competenza e un sostituto dell'esperienza.
Alla ricerca del santo Graal:
l'immigliorabile vinicolo.

 

 

Rosario Tiso