venerdì 1 luglio 2016

VIGNANOTICA 2016 – Capitolo 6°: Il mito

Tornare a Vignanotica è come visitare un ricordo, che si ravviva al cospetto del maestoso anfiteatro naturale che circonda la “ Baia dei Gabbiani”. Appena messo piede sulla pietrosa battigia, le  memorie accorrono e si stratificano, si asserpano all’anima e al cuore, mentre le sensazioni viventi cominciano l’alacre tessitura della nuova emozione. A  suoni e colori già presenti nelle pieghe operose della mente, si affianca l’inedita  aggiunta del presente col suo portato di gioia e la sua promessa di felicità. Qui l’attesa si fa avventura; qui l’immaginazione trova finalmente spazi da colmare.  A fare da sponda, da viatico e da catalizzatore, il compagno di sempre: lo Champagne. A volte opprimono certi vini  quando vengono incensati oltre misura, quando assurgono essi stessi a simbolo di distinzione, quando diventano la bandiera enoica  issata per darsi un tono blasonato da gourmet competente e navigato. Vini che vengono ricercati per essere sfoggiati in società, vini che si fanno “immagine”. Ma non così per noi, “Degustatori Indipendenti” inveterati e sempiterni “Bevitori d’Alta quota”: Antonio Lioce e Rosario Tiso. Al punto che osiamo ,senza timori reverenziali, la combinazione più ardita di sempre tra Natura e “creatura” . Tra le falesie eterne, bollicine fra le più desiderate: Grand Siècle di Laurent Perrier, “Vieilles Vignes Francaises” 2004 di Bollinger, Krug “Clos du Mesnil”  1998.  Nella grotta più ampia e accogliente della baia, lo champagne  si sposa alla nostra voglia  di essere protagonisti di un momento indimenticabile. Più che scrivere, rivivo lo stupore dell’incontro con la bellezza ed il mito . Il Grand Siècle di Laurent Perrier, maison fondata nel 1812 in quel di Tours sur Marne nella Vallée della Marne, è un blend di Pinot Nero al 45 % e Chardonnay al 55 %. Selezione nata dall’estro di Bernard de Nonancourt agli inizi degli anni ’50 con l’intento di riscrivere il concetto di “cuvée prestige”, assembla le annate 1997, 1999 e 2002. Dopo 8 anni sui lieviti, la freschezza agrumata ed opulente note terziarie ne fanno un perfetto incipit gustativo. A voler essere sommari, la fragranza dei lieviti conduce il bouquet . Poi, al seguito , fiori bianchi e sentori fruttati si accalcano lievi . Infine, il potente incedere delle spezie. Quel che colpisce è il registro in cui tutto questo accade. E’ un piano  di eccellente finezza che rende quasi lezioso e secondario  il gioco dei riconoscimenti olfattivi. Tale è l’appagamento, che è quasi molesta l’incombenza di discernere gli effluvi odorosi. Ma è solo l’inizio: il gusto è pieno, caldo, innervato di succulenta sapidità minerale con una lunga persistenza.                      Poi , va in scena l’atteso spettacolo delle celebrità . Non c’è champagne come il “Vieilles Vignes Françaises”  di Bollinger, celeberrima maison fondata ad Ay, nella Vallèe della Marne, nel 1829 . Pensato nel 1969 sotto la gestione di Lily Bollinger e su suggerimento del giornalista inglese Cyril Ray, il “Vieilles Vignes” proviene  da viti di Pinot nero che , pur non essendo particolarmente vetuste (ripiantate circa 35 anni fa ) , sono state clonate con il metodo della “propagazione”  da piante pre-fillossera, e questo è stato fatto rispettando il sistema di allevamento ottocentesco  detto “en foule” ( un metodo che prevedeva fittissime densità di impianto, anche di 50.000 ceppi/ettaro). Originariamente erano tre le parcelle da cui si ricavava il Vieilles Vignes: “Chaudes Terres”  e “Clos St. Jacques”, “clos” contigui alla sede aziendale ad  Ay, e la vigna “Croix Rouge” di Bouzy. Quest’ultima è stata recentemente aggredita e distrutta dalla fillossera con la conseguente scomparsa di  un altro pezzo di storia enoica. Avremo meno bottiglie in futuro e presumibilmente cuvèe meno intriganti. Nella nostra versione del 2004 l’approccio olfattivo è possente, assolutamente travolgente. Il Pinot nero giganteggia in tutte le sue peculiarità: monumentale e raffinato nei profumi, materico e potente nel fruttato e nelle spezie, elegantissimo  e  con un lunghissimo finale. Leggendario!                                                                                                        Si finisce con  Krug,  maison che Reims vide nascere nel 1843.                                                                                                                                   Il “Clos du Mesnil” è uno champagne raro ed esclusivo ricavato da sole uve chardonnay e  da uno dei pochi, autentici “clos” della champagne, l’omonimo “Clos du Mesnil”, nel comune  di Mesnil sur Oger nella Côte des Blancs. Quando venne acquistato , era un vigneto pressoché cadente. Henri Krug lo ripiantò tutto in otto anni , dal 1971 al 1979, con barbatelle di chardonnay. Il 1979 è dunque l’anno zero per il “Clos du Mesnil”. Nel chiuso delle mura del  clos, la maison Krug ha sempre cercato la perfezione. E questa bottiglia sembra esserne testimone.  Il liquido che sciaborda nel bevante si presenta con uno spettacolare colore giallo oro e con un perlage incalzante, fine e persistente. Il profumo è suadente, biscottato e mieloso, dalle sfumature odorose di spezie, di  marmellate, di brioche, dove il lavoro dei lieviti è un’ombra olfattiva irriducibile e l’ossidazione una superba e lucente laccatura. In bocca si conferma decisamente di grande struttura e persistenza innumerabile, bilanciate dall’eleganza e dalla freschezza tipiche dello chardonnay.         
Siamo sopraffatti dal piacere. Mai gioia di vivere così pura è stata distillata da un momento conviviale. Complici  il “genius loci”, lo spirito dello Champagne e la nostra anima forgiata nel fuoco della passione, non abbiamo bisogno di andare lontano o altrove per conoscere tutto quel che c’è da conoscere e troviamo , senza affanni, tutto quel che ci occorre. Qui e adesso; dentro e fuori di noi.                                                  E vorremmo diventare come Vignanotica: capaci di interagire, capaci di stare da soli.

Rosario Tiso


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