Rosario Tiso
venerdì 17 giugno 2016
VIGNANOTICA 2015 - Cap. 5° : Vignanotica, la nostra “Finisterre”
C’è
qualcosa di assoluto che si agita in me
e che rende la percezione di tutto quanto di relativo e transeunte è
intessuta la vita una fatica e talvolta un peso insopportabili. La vista si fa
debole, le ossa dolenti, i muscoli stanchi. Tutto sembra suggerire la
sopravveniente impossibilità e l’inutilità del viaggio, quell’attraversare
l’esistenza con lo sguardo non più o
solo a tratti curioso e innocente del bambino, per poi tornare alla casa della
propria poetica, sempre quella, impolverata e ferma. Il destino, eterno
divenire, contrasta col cuore dove stenta il cambiamento; se il tempo passa io ormai
più non mi evolvo, fisso all’ultima istantanea vitale donatami dalla benigna
prodigalità di un Dio forse troppo avaro di gioie per essere veramente giusto o
per farsi veramente amare. Salvo poi assistere al dissolversi di tutta
l’amarezza in un momento di inattesa
felicità, prontamente registrato dall’anima inaridita come acqua vivificatrice
e narrato nell’ennesima diversa declinazione dal nostro essere sempiternamente
burattinai di parole. Il viandante cerca
l’amore o se ne sottrae, il pellegrino ripercorre sentieri già battuti,
l’errante non sa cosa cercare. Cosa siamo oggi noi a “Vignanotica”? Gaudenti in cerca di oblio.
La “Baia dei Gabbiani” è rimasta
prodigiosamente antica e pura. Qui la natura è veramente e sostanzialmente
incontaminata. In luoghi silenziosi e isolati, deserti di vita se non “vegetale”,
e in remoti recessi nascosti “animale”,
il pensiero vira subito verso esistenze selvagge e raminghe, di umani in
fuga dal mondo. Ce l’abbiamo qui la
nostra “Finisterre”! E questo scenario ,
meravigliosa concrezione di meraviglie , è un posto quasi magico per i viventi
adoratori di Ercole Bibace. Con l’amico Antonio Lioce, “Bevitori d’Alta quota”
nonchè “Degustatori indipendenti”, scendiamo nella valle incantata in preda
alla calura estiva. La pietra conserva il riverbero degli inverni freddi, lenti
e silenti, e sembra rilasciarne gli umori in quella tenue frescura che ci
avvolge a tratti. Il silenzio e la lentezza fanno parte della bellezza della vita. Nel suo diadema più prezioso è
incastonata una gemma: la solidarietà
umana, la condivisione. Simili pensieri sono come lampi che attraversano la
mente mentre varchiamo l’ingresso della grotta ambita, la “nostra” grotta,
sempre quella.
Chiederò ancora una
volta al mare di ospitare i miei vagheggiamenti enoici. Vorrò ritagliarmi un
ulteriore spazio a spese della terraferma. Ma ne vale la pena? Perché l’ambiente marino, l’equorea vastità, le falesie,
la battigia al cospetto della volta celeste? Perché nel silenzio rotto
solo dallo sciabordìo delle onde, davanti all’immensità ,nella solitudine, si
fanno pensieri diversi, di quelli che colmano l’infinito, si dicono cose mai dette,
di quelle che restano scolpite nella memoria, e
lo scambio con i propri simili diventa più profondo. Non c'è novità più
eccitante dello scoprire chi si conosce già per subliminale similarità. Ho
sempre ritenuto coloro che amano il vino, nelle sue più nobili accezioni,
persone un pò speciali. Ogni relazione ruotante intorno ad esso lo conferma. Non è eccessivo parlare di
affinità elettive, di una comunione d'animo e di sentimenti che fa dei cultori
del bere consapevole una grande famiglia. Perchè l’interlocutore “enoico” sento
di conoscerlo da tempo, da quando la coscienza adulta degli uomini e della vita
mi ha guidato nel discernimento della realtà. Perché non c'è da coprire alcuna
distanza fra gli amanti del vino. E il vino, e tutto quello che ne è
illuminato, contribuisce alla bellezza del creato. Vignanotica
o “ Baia dei Gabbiani” che dir si voglia, ci accoglie di nuovo in una solatìa
giornata estiva. Le bottiglie, ovviamente champagne, sono di eccezionale qualità : “Comtes de Champagne”
2004 di Taittinger, “Cuvèe Rare” 2002 di
Piper-Heidsieck, “Clos des Goisses”
2002 di Philipponnat. Quel che c’è di
veramente speciale in un grande champagne, oltre alla bontà del nettare alla
beva, è la Storia che sottende alla sua realizzazione. Con il “Comtes de
Champagne”, Blanc de Blancs Grand Cru , la famiglia Taittinger ha
inteso onorare i Conti di Champagne dopo aver spostato nello splendido
complesso dello Chateau de la Marquetterie, una volta residenza dei “Comtes de
Champagne”, la sede aziendale. Con la
“Cuvèe Rare” la Maison
Piper-Heidsieck ha cercato di
realizzare una bottiglia straordinaria. I latini dicevano “Nomen, omen” : nel nome c’è scritto il
destino. Il “Rare Millesimé “ è uno Champagne
veramente prezioso e raro. Realizzato solo in cinque annate (1979-1988-1998-1999-2002), sfoggia una bottiglia nera,
ornata da foglioline d’oro, molto bella
ed elegante. Una trattazione a parte meriterebbe il “Clos de Goisses” di Philipponnat. Considerato uno dei migliori vigneti della Champagne, il
“Clos de Goisses” è in una posizione di
struggente bellezza. Uscendo dall’abitato di Mareuil-sur-Ay in direzione di Bisseuil, costeggiando la
Marne sulla collinetta denominata Mont de Mareuil, giace la vigna
racchiusa da una cinta muraria. 800 metri di lunghezza, 100 metri di
profondità, 60 metri di dislivello, per 5,5 ettari ( divisi in 11 “lieux-dits” ,singole
giaciture, a loro volta frazionati in 20 parcelle) di puro incanto. Quando la
dorsale vitata si specchia nel canale sottostante, nella delicata luce
crepuscolare, l’insieme assume il sembiante di una bottiglia di champagne
coricata, col collo rivolto ad est. Qui il miglior Pinot Nero della regione sposa
lo Chardonnay per una irripetibile cuvée, fatta di uve sempre poderosamente
zuccherine rispetto agli standard “champenoise”. Fin qui l’antefatto. Come
sempre, la parola finale spetta ai sensi, di sorso in sorso ormai consustanziali
ai nettari nel bevante. Si comincia col “Comtes de Champagne” 2004 di
Taittinger. Questo “Blanc de Blanc Grand Cru” si presenta in una veste luminosissima
percorsa da un perlage molto fine e persistente. Al naso è di
inusitata ampiezza, intenso, espressivo, con aromi floreali di biancospino,
ananas e lime, gessoso e minerale. Al palato è agrumato,goloso e persistente. Si
passa alla “Cuvèe Rare” 2002 di
Piper-Heidsieck. Si tratta di una miscela di 17 cru nel Montagne de
Reims, il 70 per cento chardonnay, il 30 per cento pinot noir. L’oro
filigranato che riveste la bottiglia balena
anche nella trama del liquido odoroso. Il profumo è complesso con note
fruttate e tostate. In bocca è intenso e armonico. “Dulcis in fundo”, una vera
celebrità: “Clos des Goisses” 2002 di
Philipponnat . Il colore è un inno alla solarità. L’olfatto di spiccata
eleganza ha una congenita levità. Si susseguono note di cera d'api, brioche e
caramello. La matrice fruttata emerge a tratti, ma l’acicità lo rende
croccante, per quanto suadente e levigato. L’assaggio sembra una sinfonia: prima
il frutto, poi la freschezza, apportatrice di profondità e dinamismo, infine il
velluto dovuto al lavorìo dei lieviti. Una concia che sfiora la perfezione. Alla fine ci si ritrova assorti. Il luogo
più che suggerire, impone la meditazione.
Non
ci resta che ringraziare la Vita, ancora una volta benigna.
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